domenica 2 novembre 2008

Lettera aperta sulla cancellazione del murale di Ferdinando Medda a Nùoro

ANTEFATTO
Durante i lavori di pulizia in un giardino pubblico nuorese è stato cancellato un murale di Ferdinando Medda, muralista sardo di notevole importanza.

ecco la mia lettera, pubblicata sulla Nuova Sardegna di Domenica 02 Novembre in cronaca di Nùoro.


Lettera aperta sulla cancellazione del murale di Ferdinando Medda.

Siamo all’assurdo. Dalle pagine della Nuova Sardegna apprendo con stupore la notizia “Operai al lavoro ai giardini Pinna, sparisce un’opera di Ferdinando Medda”. Stento a crederci, non possiamo essere caduti così in basso. Il murale realizzato diciotto anni fa da Medda non c’è più, perso dietro una passata di bianco. Si puliscono gli alberi, si levano le fronde, si spazza in terra e si imbianca su un’opera d’arte, come se nulla fosse. Un’opera d’arte che, diciamolo chiaro, apparteneva a tutti noi nuoresi, e a tutti i sardi. Ferdinando Medda, per chi ne fosse all’oscuro, ha segnato la storia del muralismo sardo negli ultimi trent’anni insieme a grandi come Pinuccio Sciola o Francesco Del Casino, Medda è inoltre presente nel sito della Regione Sardegna tra i pittori contemporanei più rilevanti. Ma nonostante ciò non è solo l’importanza dell’autore in questione a destare stupore, è l’efrazione di una regola morale che parrebbe immediata e basilare: un’opera d’arte, di chiunque sia, non si cancella. Punto. E c’è di più. Mettiamo per assurdo che l’opera fosse cancellata da qualcuno per dispetto, o da un’artista come sfida, o per ragioni di qualunque tipo. Per quanto ovviamente condannabile, avrebbe un minimo di senso. Invece siamo di fronte, pare, a un’opera d’arte cancellata per caso, per distrazione. E questo è molto peggio. Abbiamo addormentato in maniera così pesante il nostro spirito critico da non riuscire più a distinquere un murale da un muro sporco, da non metterci un minimo dubbio di fronte al lavoro di altri. Abbiamo spento la nostra anima a tal punto che neanche la distruzione dell’arte ci impressiona più. E questo lascia l’amaro in bocca, e lancia interrogativi fondamentali. Dove vogliamo vivere? E il dove non è una dimensione di luogo. Da tre anni lavoro come professionista nel mondo dell’arte e dell’editoria, da due e mezzo sono tornato a vivere nella mia città, Nùoro, dopo avere studiato fuori. Per tutti sono un matto, dovevo stare lontano da qui, le eterne lagne di chi non sta bene da nessuna parte si sommano a un orgoglio falso, fatto di falsi miti e eterne favole di un passato del quale non si sa nulla. Nel mentre che il presente ci sfugge. Voglio vivere a Nùoro. Quale Nùoro? La Nùoro della casa di Ciusa, vincitore della Biennale di Venezia, infestata dai topi? Degli eterni cantieri, dei siti archeologici devastati? La Nùoro di una via Majore col nome falso, dell’antica chiesa della Grazie pasticciata nell’indifferenza generale? Nella Nùoro di una piazza Satta, capolavoro di Nivola, totalmente dissacrata? Quella del monte abbandonato a se stesso? La Nùoro che cancella le opere d’arte senza neanche accorgersi ciò che comporta? Di quale Nùoro stiamo parlando? In quale Nùoro vogliamo vivere?

È notizia recente che l’amministrazione darà un muro a Medda. È il giusto da parte loro, non possiamo che esserne più che contenti.

E se cose come queste dovessero avvenire nuovamente spero che i nuoresi, quelli veri nel cuore e nella testa, non solo nel pedigree, si facciano sentire. Perchè qui ci dobbiamo vivere, noi nuoresi. Perché Nùoro è nostra, di tutti noi. Perché io in un posto dove senza cura viene distrutta un’opera d’arte, bella o brutta che fosse, non ci voglio vivere. Perché avete distrutto la nostra città. Perché è ora che la finiate. Perché siamo stanchi.

Perché Nùoro sa essere bella. E noi la vogliamo bella.

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